LA VILLA
La Villa sorge nella periferia di Sannicola (LE) a pochi km da Gallipoli nello splendido entroterra Salentino. Il posto é ideale per momenti di relax grazie al grande parco che circonda la villa ricco di piante di ogni genere e al vasto agrumeto. Una passeggiata nell'antico colonnato (pergolato) che porta fino all'area del gazebo delle colazioni rievoca tempi passati che allontanano le tensioni e lo stress di tutti i giorni.
Per i momenti di svago, in estate, Tenuta Stevens é dotata di un' area piscina che consente a grandi e piccoli un divertimento in compagnia o semplicemente di prendere il sole lontano dalla confusione delle spiagge, quindi offre tutto quello che si possa desiderare per un soggiorno confortevole e senza pensieri.
Un po' di storia del Salento
Fino al 1908 Sannicola é stata una frazione di Gallipoli di cui ha seguito le sorti economiche. Dal Seicento all'Ottocento Gallipoli fu capitale mediterranea dell'olio lampante che era così puro grazie alla pietra delle cisterne nelle quali veniva conservato, il carparo dei frantoi ipogei.
Nel porto si avvicendavano commercianti e autoritá consolari e la penetrazione maggiore fu degli Inglesi.
Il commercio dell'olio lampante veniva controllato da Londra che proprio a Gallipoli aveva un viceconsole; si spiega così la presenza della famiglia Stevens che per tre generazioni ebbe il consolato inglese.
Era consuetudine dei latifondisti gallipolini e dei grandi commercianti trascorrere le proprie vacanze nelle campagne limitrofe nei cosiddetti 'casini ', ville comode e a volte sontuose dove villeggiavano nel periodo del raccolto da maggio ad ottobre.
L'agro gallipolino era suddiviso in contrade tra cui contrada 'Li Cuti', dove sorge tenuta Stevens, che nella seconda metà del '700 era tra le contrade maggiormente abitate. In quel periodo la campagna sannicolese era anche chiamata col nome greco di Rodogallo (luogo delle belle rose).
Sofia Stevens (1845-1876)
Sofia Stevens nacque nel 1845 a Gallipoli, figlia del vice Console inglese, a Gallipoli, Henry Stevens, che rimase in carica fino al 1867, anno in cui morì. Anche il nonno di Sofia, Richard, era stato vice console dal 1829 fino al 1853. Mentre la madre di Sofia era una nobildonna di origine franco-napoletana: Carolina Auverny.
Sofia era la seconda di cinque figli (3 femmine e due maschi) ed era stata educata prima a Galatina, poi, all'età di undici anni, fu mandata a Napoli, dove ebbe per maestro di lingue e di poesia Federico Villani; a quindici anni ritornè a Gallipoli e di qui ebbero inizio, come era norma per i giovani di buona famiglia, i viaggi di formazione in Europa. Con lo zio Giovanni Auverny, per due anni, Sofia non fece che viaggiare: Parigi, Madrid, Berlino, Zurigo, Monaco di Baviera, Copenaghen, ecc. Si perfezionò negli studi classici conoscendo oltre l'italiano, il francese, l'inglese, lo spagnolo e il tedesco e, rientrata a Gallipoli, cominciò a scrivere per proprio conto finché, morto il padre, nel 1867 (Sofia ha 22 anni), si trasferì, con la madre e tutta la famiglia, a Napoli. Qui sposò, senz'amore, Settimio Bartocci. I due vissero tra Gallipoli e Napoli, a seconda delle stagioni, finchè nel 1873 venne diagnosticato a Sofia (aveva soltanto 28 anni) un tumore al seno. Da questo momento in poi Sofia si trasferisce definitivamente a Napoli. Non rivedrà più Gallipoli. Operata tre anni dopo, muore il 9 agosto 1876, a soli 31 anni di età. Muore con il rimpianto di un amore infelice e con la sua Gallipoli nel cuore.
L'olio lampante e Gallipoli
Gallipoli già dall'inizi del XVI secolo, risultava la maggiore piazza europea in materia di olii per cui l'amministrazione dell'epoca tassava l'immissione degli olii provenienti dall'intera provincia che servivano nella stragrande maggioranza non per usi alimentari, ma in particolare si produceva un tipo di olio grasso e che non produceva fumo, un tipo di olio che serviva ad illuminare le grandi città d'Europa cosicché Londra, Parigi, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam ecc. usarono l'olio salentino per illuminare le strade fino alla fine del XIX secolo. La produzione di quest'olio avveniva sottoterra, dove vi erano le condizioni ottimali di calore ed umidità per produrre un olio da esportare, nella stessa Gallipoli vi erano circa 35 frantoi ipogei che lavoravano a ciclo continuo da fine settembre fino a fine aprile due di essi sono stati recuperati e resi fruibili alla visita del pubblico sono quello di Palazzo Briganti in via Angeli e quello di palazzo Acugna-Granafei in via A. De Pace . Della lavorazione niente andava buttato ed anche il sottoprodotto della macinazione e torchiatura delle olive veniva usato per creare un sapone diventato famoso poi, come "sapone di Marsiglia"